domenica 13 novembre 2011

L'incerto futuro della moneta unica. Aggiornamento all'11 novembre 2011.

Mercoledì sembrava che il mondo, almeno quello che si affaccia sul mediterraneo, stesse per finire. Lo spread BTp-Bund è schizzato fino a quota 553 e anche quello Oat-Bund è arrivato oltre quota 160 (le due figure qui accanto la dicono lunga sull'insabilità crescente dei mercati obbligazionari). I CDS sul debito sovrano italiano con scadenza quinquennale hanno toccato quota 571 p.b.: all'inizio di quest'anno quotavano 233 p.b. ... Questo articolo su Bloomberg riassume bene l'accaduto e analizza la situazione di sofferenza delle principali banche italiane: Italian banks borrowed 111.3 billion euros ($152 billion) from the European Central Bank at the end of October, up from 104.7 billion euros in September and 41.3 billion euros in June, Bank of Italy data show. The five biggest lenders -- UniCredit SpA (UCG), Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena SpA, Banco Popolare SC and UBI Banca ScpA -- accounted for 61 percent of the country’s use of ECB resources in September, almost double the share in January.
Giovedì Standard and Poor's annuncia il downgrade della Francia e poi corregge...no...no...scherzavamo...Le prime pagine dei giornali si sono sbizzarrite ad attribuire ai mercati voti di fiducia e di sfiducia ai premier italiani, greci e ci manca poco pure francesi. L'euro ne ha risentito, prendendo una bella botta mercoledì ma riprendendosi (almeno in parte) nei due giorni successivi. Il futuro della moneta europea è sempre più incerto. Scrive Alessandro Fugnoli nel suo commento settimanale ai mercati il Rosso e il Nero:

Il problema dell’euro è quello di essere, come l’oro, ontologicamente instabile. Oggi è chiaramente una valuta anomala, l’unica al mondo priva di un prestatore di ultima istanza. Fra tre anni, molto probabilmente, sarà una valuta molto più simile a tutte le altre per alcuni aspetti e ancora più anomala per altri.
Non è un mistero che dalla crisi di luglio Francia e Germania stiano studiando seriamente una revisione profonda dell’euro. A quanto è dato di capire si vuole andare nella direzione di una veloce omogeneizzazione delle politiche fiscali, non solo nei numeri aggregati, ma anche nella struttura. Si parla ad esempio di adottare aliquote uguali per tutti su tutte le principali imposte e di una sorta di budget unificato.
Non se ne parla, ma il corollario potrebbe essere quello di una Bce prestatore di ultima istanza e forse, chissà, di eurobond. Si parla invece pubblicamente di introdurre la possibilità di uscire dall’euro, attualmente non prevista. Da una parte, quindi, si normalizzerebbe l’euro rendendolo espressione di un’entità politica di fatto unitaria, dall’altra lo si renderebbe ancora più anomalo introducendo, caso unico al mondo, l’opting out, la possibilità di andarsene.
La discussione, al momento dietro i riflettori, diventerà ufficiale già da dicembre. Il perimetro di questo nuovo euro non è chiaro. L’Italia farà di tutto per esserne parte ed è probabile che Germania e Francia ci vogliano dentro, ma a condizioni severissime.
Un assaggio di queste condizioni lo stiamo vivendo. Colonne di ispettori europei stanno varcando il Brennero. Se ne è parlato poco, ma il Six-Pack, la nuova normativa europea che rafforza di molto il sistema di controlli minuziosi e sanzioni sui bilanci nazionali ha ultimato la settimana scorsa il suo complicatissimo iter e sta per entrare in funzione in tutta Eurolandia. Da noi lo è già.
Può darsi che l’Europa salti per aria. Se rimane in piedi avremo la bicicletta che avevamo tanto richiesto, quella dell’unificazione fiscale, e ci toccherà pedalare.

La possibilità che l'euro salti per aria, e il rischio che con esso finisca a gambe all'aria anche l'Unione Europea, non è più un'eventualità remota per profeti di sventura. Le banche francesi e tedesche hanno una forte esposizione al debito italiano e spagnolo (le figure qui accanto sono tratte da un bell'articolo del New York Times che giustamente ricorda il ruolo che la regolamentazione delle banche ha svolto nella genesi della crisi). Secondo il NYTimes 

Including the effect of hedges, European banks had a net exposure of about $120 billion to Greek government borrowings and private debt at the end of June, according to the Bank for International Settlements. Even more worrisome, analysts say, is the banks’ exposure of $643 billion to Spain and $837 billion to Italy.
L'insisitenza dei governanti europei che il taglio "volontario" del 50% del valore del debito greco in mano a soggetti privati non sia un default, in modo da impedire ai credit default swaps di entrare in azione, ha in realtà diminuito le possibilità di hedging delle banche che ora si trovano nella condizione di dover rapidamente liberarsi delle obbligazioni dei paesi a rischio vendendoli sul mercato e facendo schizzare in alto gli spreads. La situazione non pare sostenibile: l'Economist racconta come molte multinazionali stiano studiando piani di emergenza nel caso uno o più paesi si trovino a lasciare l'euro, con gli avvocati si interrogano su come interpretare contratti che prevedono pagamenti in una moneta che non c'è più...
Lo scenario alternativo è un cambiamento radicale della politica della BCE. Secondo John Mauldin

There is too much debt in many southern countries; and while I have not yet mentioned it, France is not far from having its own crisis if they do not get back into balance. And if they lose their AAA rating, then any EFSF solution is just so much bad paper.
The banks and banking system are effectively insolvent. There are large trade imbalances that make it almost impossible for the weaker Eurozone countries to grow their way out of the problem.
The path of least resistance, and I use that term guardedly, is for the ECB to find its printing press. Perhaps they can borrow one from Bernanke. Yes, I know they are buying sovereign debt now, but they are “sterilizing” it, meaning they sell euro paper to offset the monetary base effects (large oversimplification, I know).
But the money to solve the crisis does not exist. The only way to find it is for the ECB to print money and print in size, enough to lower the value of the euro and make exports cheaper (which gives southern Europe a chance to grow out of its problems). Which is of course something the Germans vehemently oppose, as it goes against their core DNA coding.
But the choice is print or let the euro perish. I see no other realistic solution, aside from massive austerity, willingly accepted by Europeans everywhere, along with the nationalization of their banks, etc., as described above. I think there is even less willingness to endure all that.
It is a hard choice, I know. If you held a gun to my head and asked, “What do you think they will do?” I would have to say, “I think the ECB prints.” But not without a lot of rancor and solemn pledges and maybe a rewriting of the treaty in order to get Germany to go along.
The choice is between a much lower euro or one that is far different from today’s, with a number of countries having left it. There are no good or easy choices.
As a closing aside, a lower euro means lower US and emerging-market exports (Europe is China’s biggest customer!) to Europe and more competition from Europeans in what the rest of the world sells to each other. It will be the beginning of serious trade issues and when coupled with the collapse of the Japanese yen, circa 2013, will usher in currency wars and protectionism. This will be a decade we will be glad to leave in 2020.
Le contorsioni dei mercati obbligazionari hanno penalizzato l'indice delle obbligazioni governative dell'Eurozona che ha perso lo 0.8%. Ancor peggio ha fatto l'indice immobiliare globale (-3%) mentre i mercati azionari hanno chiuso la settimana in positivo grazie all'ottimismo delle sedute di giovedì e venerdì che ha anche consentito all'euro di recuperare gran parte delle perdite sul dollaro concludendo la settimana con una modesta correzione (-0.3%).

Non ci sono cambiamenti nella classifica settimanale degli asset: il primo posto è sempre occupato dalle obbligazioni trentennali dell'eurozona, l'unico asset ad avere anche la tendenza di medio periodo positiva (anche se per un soffio: un calo dell'indice superiore allo 0.6% cancellerebbe il segale positivo). L'indice immobiliare globale occupa il secondo posto, l'indice SP500 il terzo e il cambio euro/dollaro il quarto. Il mini-rally di ottobre mantiene acora tutti gli asset con la tendenza di breve periodo positiva (in indebilimento) tranne le obbligazioni trentennali dell'eurozona. La  strategia top2 suddivide il capitale in parti uguali tra l'indice Euro Government Bond 30yr e la liquidità. La top3 suddivide il capitale in tre parti eguali: per 1/3 investe nell'indice Euro Government Bond 30yr mentre 2/3 del capitale sono mantenuti in liquidità. Le strategie top2 top3 mantengono dunque il profilo molto prudente che ha caratterizzato tranne brevi interruzioni gli ultimi mesi,  mantenendo una parte consistente del capitale parcheggiata in liquidità.

In questo post trovate le risposte ad alcune delle domande  più frequenti relative alla metodologia che utilizzo per la costruzione della tabella e dei portafogli che aggiorno settimanalmente.

In questo post ho descritto quali ETF negoziati a Milano  replicano (in positivo o in negativo) gli indici che sono settimanalmente tracciati qui su Alfaobeta. Se volete fare delle analisi da soli, in questo post ho spiegato come procurarsi gratuitamente le serie storiche dei prezzi e dei NAV degli ETF mentre qui potete trovare qualche informazione sui costi di transazione nel mercato dei cambi.

Dall'inizio del 2011 il rendimento (valutato in euro) di un portafoglio che ogni settimana investe nei primi 2 asset (top2) della tabella (se hanno la tendenza di medio periodo positiva, in liquidità altrimenti) è pari al
-14.2%, se investito nei primi tre asset (top3) il rendimento è stato del  -7.3%. Questa settimana la top2 ha perso lo 0.4% e la top3 ha perso lo 0.3%.

Nell'intero 2009 le stessa strategie avevano reso rispettivamente il 12.2% e il 2.4% e nel 2010 il 22.4% e il 18.2%.

La strategia che settimanalmente investe il capitale dividendolo in parti uguali negli asset che hanno una tendenza di medio periodo positiva anche questa settimana ha solo un asset in portafoglio: le obbligazioni trentennali dell'eurozona. Nel 2010 ha avuto un rendimento pari al 12.1% e da inizio 2009 ad oggi ha reso il 18.9%, con un massimo drawdown pari al 7.3% e una volatilità del 10.5%. La strategia ha perso questa settimana lo 0.8% e il rendimento dal primo gennaio 2011 a oggi è stato negativo (-5%).

Nella figura è raffigurato l'andamento di un euro investito nelle tre strategie dal 3 gennaio 2009 ad oggi.


La tabella qui sotto riassume il profilo rischio/rendimento delle tre strategie negli ultimi 34 mesi:


E' bene ricordare che i rendimenti calcolati non tengono neppure conto dei costi di transazione e del prelievo fiscale. Mi preme comunque sottolineare che le analisi e le simulazioni descritte in questo blog sono da considerarsi sempre e comunque risultati teorici e relativi al passato. Chiunque decidesse di utilizzare le strategie descritte o qualsiasi altra informazione tratta da questo blog per decisioni di investimento se ne assume completamente la responsabilità.

Ecco l'aggiornamento all'11 novembre 2011.

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