martedì 8 novembre 2011

Attenzione a quel ratio

La ricapitalizzazione delle banche italiane ed europee è all'ordine del giorno. Sul Sole 24 Ore di domenica 6 novembre Fabio Pavesi osserva (Le big italiane costrette a ricapitalizzare oltre il dovuto, p.7) come contrariamente alla gran parte della banche di affari inglesi e americane dell'elenco (delle 29 banche internazionali di importanza sistemica) ha davvero fatto da sola, senza mai pesare sulle casse pubbliche. (...) Nulla a che vedere con i 650 miliardi di aiuti del governo inglese alle proprie banche. Si pensi a Royal Bank of Scotland, salvata con garanzie pubbliche per oltre 400 miliardi, e che ha cumulato perdite nel 2009-2010 per oltre tre miliardi di sterline. Ma la disparità con Piazza Cordusio è nel livello di patrimonializzazione con il 12% di Rbs contro lo 9.4$ di UniCredit. Facile quell'apparente solidità ottenuta con i denari di Stato. Ma soprattutto non quadra come, non solo per Rbs ma per l'insieme delle banche tedesche e francesi, l'attivo a rischio conti, per i regolatori, non più del 30% dell'intero bilancio contro il 50% di UniCredit e della stessa Intesa Sanpaolo. 
Cosa significa questo paradosso evidente? Che Basilea considera più rischiosa l'attività del credito di quella speculativa del trading finanziario e quindi finisce che UniCredit, come tutte le altre banche italiane, devono detenere in proporzione molto più capitale rispetto alle banche d'affari del Nord europa. E csì UniCredit che ha oggi più patrimonio di Deutsche Bank si ritrova con un Tier 1 più basso di tre punti. Un'asimmetria smaccata. Il punto critico della banca italiana non è il capitale nè la solidità, assai più forte di quella di Dexia semi-fallita con un Tier 1 al 13%, o di molte blasonate banche che operano in derivati, Abs e Cdo, ma le sofferenze e l'alto peso dei BTp in portafoglio. 


Che il rapporto Tier 1 non sia l'indicatore più importante da tenere sott'occhio nel valutare la rischiosità delle banche è anche la tesi di molti analisti. In questo confronto  tra le banche statunitensi e quelle europee si utilizzano tre metriche per valutarne l'adeguata capitalizzazione: la prima è il rapporto Core Tier 1  - ratio of equity capital excluding preferred equity (and other types of debt-equity hybrids) to risk-weighted assets.




L'utilizzo degli asset ponderati a seconda della misura di rischio tende a celare la variabilità tra le banche e presenta alcuni problemi. Benchè ponderare gli asset secondo la rischiosità possa sembrare una buona idea 
RWA (=Risk-Weighted Assets) calculations depend in large part on bond ratings, and we've seen a lot of examples recently where bond ratings turned out to be wildly inaccurate. Questo è uno dei meccanismi che sta mettendo sotto pressione le banche italiane. Ma c'è molto di più: se lo scopo è confrontare le banche europee con quelle statunitensi occorre tenere conto che le banche europee usano la regolamentazione imposta da Basilea 2 mentre quelle statunitensi usano le regole di Basilea 1. Basel II rules give banks more leeway to evaluate their assets' riskiness using internal models. Broadly speaking, these internal models argue that assets are less risky than Basel I rules assert e secondo gli analisti (statunitensi) di Morningstar we're unconvinced that these internal models are able to incorporate the risk of a worse outcome than seen in the short history of modern finance.

Una seconda metrica alternativa ampiamente utilizzata per misurare l'adeguatezza del capitale bancario e il rapporto tra tangible common equity (the highest-quality type of capital) to unweighted tangible assets, adjusted only to net derivatives. La variablità di questo rapporto tra le diverse banche è evidente e si noti come le banche franco-tedesche appaiono particolarmente vulnerabili, mentre Intesa e Unicredito hanno rapporti superiori alla media. Colpisce la leva di Dexia (vicina a 70-80) e Credit Agricole (pari a 50).



Secondo gli analisti di Morningstar la debolezza delle due banche italiane è concentrata nella base limitata di depositi sui quali si appoggiano: We like deposit funding both because it is cheap--banks can pay their customers very little for deposits--and generally "sticky"--customers are loathe to change their bank accounts unless they really have to.  (...) We prefer to see numbers around 100% or a little lower, and lower is generally safer. La figura qui sotto confronta il rapporto tra prestiti e depositi delle banche europee e statunitensi 



EUBANKSIn questo articolo del WSJ  - dal quale ho tratto la tabella riprodotta qui accanto - si analizza l'esposizione delle banche europee ai "titoli tossici" prodotti dalla crisi finanziaria del 2008 così come alle obbligazioni dei PIIGS. Secondo il WSJ  Four years after instruments like "collateralized debt obligations" and "leveraged loans" became dirty words because of the massive losses they inflicted on holders, European banks still own tens of billions of euros of such assets. They also have sizable portfolios of U.S. commercial real-estate loans and subprime mortgages that could remain under pressure until the global economy recovers. While the assets largely originated in the U.S. financial system, top American banks have moved faster than their European counterparts to rid themselves of the majority of such detritus. (...) Sixteen top European banks are holding a total of about €386 billion ($532 billion) of potentially suspect credit-market and real-estate assets, according to a recent report by Credit Suisse analysts. That's more than the €339 billion of Greek, Irish, Italian, Portuguese and Spanish government debt that those same banks were holding at the end of last year, according to European "stress test" data. European banks, on average, have roughly halved their stockpiles of the legacy assets since 2007, the Credit Suisse analysts found. Meanwhile, the top three U.S. banks—Bank of America Corp., Citigroup Inc. and J.P. Morgan Chase & Co.—have slashed such assets by well over 80% over a similar period.


Se siete interessati ad approfondire ulteriormente lo stato di salute delle banche europee, un buon punto di partenza potrebbe essere lo studio di R&S Mediobanca riportato a pagina 13 del Sole 24 Ore di oggi e che potete trovare qui. Anche gli analisti di Mediobanca confermano che la leva finanziaria di Dexia alla data del 30 giugno scorso era oltre 75, e pure i numeri di Deutsche Bank e Credit Suisse sono abbastanza impressionanti, sfiorando quota 50 (rispettivamente 49,9 e 47,1). In questi giorni sto leggendo l'ultimo libro di Satyajit Das, Extreme Money (Das è un esperto di derivati autore di un altro libro che ho letto e che ho trovato davvero ottimo: Traders, Guns and Money). Archimede capì che con una leva abbastanza lunga era possibile sollevare il mondo...oggi, scrive Das, money games are based on a similar principle: "Give me enough debt and I shall make you all the money in the world." 

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