venerdì 4 giugno 2010

Abolire le agenzie di rating, l'arbitraggio della latenza, Basilea n+1 e i CDS sulle banche europee

L'articolo di Andrew Ross Sorkin sul New York Times di qualche giorno fa sulle agenzie di rating mi era sfuggito: si tratta di uno j'accuse senza mezze parole che potete leggere qui. 

Ci sono tanti modi di implementare strategie di trading ad alta frequenza, molti dei quali comportano un giusto premio alla creatività e intelligenza dei loro ideatori: non c'è dubbio però che questo tipo di vantaggi (bellino l'eufemismo....latency arbitrage) dovrebbero essere eliminati!

Dal G20 ci si aspetta un sostanziale passo avanti verso Basilea 3. Però aspettare il 2022 per la sua piena implementazione mi sembra un po' tanto. Leggendo l'articolo si trova una frase agghiacciante come:
As part of the rule-making process, the banks conducted studies this spring to gauge the likely impact of the proposals on their capital and liquidity levels.
The data show that banks world-wide would face huge capital and liquidity shortfalls under the proposals, according to government and industry officials briefed on the results.
In Europe, bank executives say there is likely to be a gap of more than €1 trillion ($1.2 trillion) between banks' current capital and liquidity buffers and what would be required under the Basel proposals.
In comparison, stress tests ordered by the U.S. government last year resulted in 10 of the nation's biggest banks being told to raise a combined $74.6 billion in capital to cushion themselves.
E poi vi stupite che l'euro sia in caduta libera e che la crisi (pardon..."correzione") delle borse abbia avuto inizio proprio in Europa?

Intanto la liquidità si sta nuovamente prosciugando anche se siamo ancora lontani dai livelli parossistici del dopo Lehman. La paura degli investitori in un nuovo aggravarsi della crisi finanziaria, magari con qualche banca europea che finisce gambe all'aria, è in continuo aumento, almeno a giudicare dal costo dei CDS sulle principali banche europee, come mostra il grafico qui accanto tratto da un articolo dell'Economist sull'argomento.

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