sabato 19 giugno 2010

Le persone serie vogliono i tagli. I keynesiani del pleistocene no. Aggiornamento al 18 giugno 2010.

Una settimana con troppi impegni mi ha impedito di aggiornare il blog con continuità.I mercati si sono un po' ripresi e l'euro ha chiuso ieri la sua migliore settimana da oltre un anno, guadagnando oltre il 2% nel cambio con il dollaro. L'euro ha recuperato oltre il 4% dal minimo di 1.1876 di pochi giorni fa.
Oggi poi è arrivata la notizia che la banca centrale cinese si è detta disponibile a una rivalutazione dello yuan sul dollaro...staremo a vedere.
Continua la corsa dell'oro il cui valore  dal minimo del 2001 ad oggi si è quasi quintuplicato.

Piccola rassegna stampa:
  • Su lavoce Alesina e Perotti si schierano in difesa della Germania e della sua linea di austerità: il corsivo a introduzione dell'articolo è esauriente...Sono in molti ad accusare la Germania per la sua politica fiscale prudente, che finirebbe per aggravare la crisi. La cui soluzione sarebbe invece in un'espansione della spesa pubblica tedesca. Ma si tratta di una ricetta sbagliata, frutto di un keynesianismo datato. E' un'illusione credere che un 5 per cento sul Pil di deficit di bilancio in Germania basti per risolvere i problemi di crescita dell'Europa. Che dipendono piuttosto dalle rigidità sul lato dell'offerta, soprattutto nei paesi oggi più in difficoltà. Non sono convinto al 100%...così eccovi una sfilza di keynesiani datati con le loro prediche...
  • ...Krugman si scaglia contro i sostenitori dell'austerity (oggi sulla prima pagina del Sole 24 Ore: E' nato un professionista: il profeta dell'austerity) e dell'urgenza di ridurre i deficit sovrani (ad esempio un arzillo vecchietto, ex-governatore Fed... un signore che di come (dis?)-innescare crisi finanziarie se ne intende). Per cominciare si toglie un sassolino dalla scarpa ricordando come Kenneth Rogoff chiedeva nell'estate del 2008 un rialzo dei tassi per combattere l'inflazione generata dall'aumento dei costi delle materie prime (non c'è che dire - con il senno di poi - un bel tempismo!). Infine conclude scatenato: Perchè tutto questo? A mio parere la ragione va ricercata nel desiderio di fare la parte dei duri intransigenti. Chiedere austerità fa sentire coraggiosi e virtuosi, consente di assumere la posa della "persona seria", che lancia strali contro gli scialacquatori. Altrimenti perchè questi specialisti del ramo (e non sono i soli) si scaglierebbero contro i tassi bassi? (...) In un momento in cui le economie mondiali hanno un disperato bisogno di menti lucide, questi economisti non fanno altro che complicare le cose.
  • ...ancora sul Sole 24 Ore di oggi vi consiglio la lettura dell'articolo di Robert Skidelsky Keynes alla prova della crisi che parte dalla manovra finanziaria annunciato dal nuovo governo inglese per sviluppare un parallelo con il 1931:
    È inevitabile il parallelo con ciò che accadde in Gran Bretagna nel 1931. Nel febbraio di quell'anno, Philip Snowden, ministro del Tesoro di un governo laburista, istituì la commissione May per raccomandare tagli alla spesa pubblica. La commissione stimò un disavanzo di 120 milioni di sterline, più tardi salito a 170 milioni, cioè circa il 5% del Pil, e propose di aumentare le tasse e ridurre la spesa pubblica per «pareggiare il bilancio». La crisi finanziaria internazionale generata dal fallimento della banca austriaca Creditanstalt nel luglio del 1931 spinse il governo ad agire sulla base del rapporto May. L'establishment finanziario e politico si unì per chiedere tagli ai sussidi di disoccupazione al fine di «salvare la sterlina».
    Keynes fu uno dei pochissimi ad andare controcorrente. Riguardo agli autori del rapporto May scrisse: «Suppongo che siano uomini tanto semplici che i vantaggi del non spendere soldi appaiono loro scontati». Non avevano minimamente considerato il fatto che i tagli proposti avrebbero fatto crescere la disoccupazione di 250-400mila unità e diminuito le entrate fiscali. «Al momento - continuava Keynes - tutti i governi hanno forti disavanzi. Questi disavanzi sono il rimedio per impedire che le perdite delle imprese diventino tali da portare tutta la produzione a uno stallo».
    Quando nel settembre 1931 la coalizione fra liberali e conservatori subentrata al governo laburista presentò una manovra di emergenza, Keynes ancora una volta si tenne fuori dal coro. La manovra, scrisse, era «assolutamente folle e ingiusta». Spiegò a un corrispondente americano che «ogni persona in questo paese di asini matricolati, chiunque odi il progresso sociale e ami la deflazione, sente che è arrivato il suo momento e annuncia trionfante in che modo, astenendoci da ogni sorta di attività economica, potremo tornare a essere ricchi».
    I politici di destra spesso sostengono che il risanamento dei conti pubblici consente la ripresa economica. Se è così, l'effetto di quell'accesso di morigeratezza pubblica nel 1931 fu particolarmente tortuoso. L'azione combinata della svalutazione della sterlina e dell'abbassamento dei tassi d'interesse rianimò le esportazioni e diede il via a un boom immobiliare. Ma prima della guerra non ci fu mai ripresa completa. L'efficacia dei tagli, insomma, è tutta da dimostrare.
    Stiamo per imbarcarci in un importantissimo esperimento per scoprire quale delle due storie sia vera. Se il risanamento dei conti pubblici si dimostrerà la via per la ripresa e una crescita rapida, allora potremo seppellire Keynes una volta per tutte. Se al contrario i mercati finanziari e i loro portabandiera politici si riveleranno degli "asini matricolati" come pensava Keynes, bisognerà prendere di petto la sfida che rappresenta, per il buongoverno, il potere finanziario.
  • ...di nuovo Krugman che sul New York Times un paio di giorni fa sviluppava pressochè le stesse considerazioni: Suddenly, creating jobs is out, inflicting pain is in. Condemning deficits and refusing to help a still-struggling economy has become the new fashion everywhere, including the United States, where 52 senators voted against extending aid to the unemployed despite the highest rate of long-term joblessness since the 1930s. Many economists, myself included, regard this turn to austerity as a huge mistake. It raises memories of 1937, when F.D.R.’s premature attempt to balance the budget helped plunge a recovering economy back into severe recession. And here in Germany, a few scholars see parallels to the policies of Heinrich Brüning, the chancellor from 1930 to 1932, whose devotion to financial orthodoxy ended up sealing the doom of the Weimar Republic.
    But despite these warnings, the deficit hawks are prevailing in most places — and nowhere more than here, where the government has pledged 80 billion euros, almost $100 billion, in tax increases and spending cuts even though the economy continues to operate far below capacity.
    What’s the economic logic behind the government’s moves? The answer, as far as I can tell, is that there isn’t any.(...) The key point is that while the advocates of austerity pose as hardheaded realists, doing what has to be done, they can’t and won’t justify their stance with actual numbers — because the numbers do not, in fact, support their position. Nor can they claim that markets are demanding austerity. On the contrary, the German government remains able to borrow at rock-bottom interest rates.
    So the real motivations for their obsession with austerity lie somewhere else.
    (...)  it still has nothing to do with fiscal realism. Instead, it’s about moralizing and posturing.(...) There will, of course, be a price for this posturing. Only part of that price will fall on Germany: German austerity will worsen the crisis in the euro area, making it that much harder for Spain and other troubled economies to recover. Europe’s troubles are also leading to a weak euro, which perversely helps German manufacturing, but also exports the consequences of German austerity to the rest of the world, including the United States.
    But German politicians seem determined to prove their strength by imposing suffering — and politicians around the world are following their lead.
    How bad will it be? Will it really be 1937 all over again? I don’t know. What I do know is that economic policy around the world has taken a major wrong turn, and that the odds of a prolonged slump are rising by the day. 
  • ...infine se cercate un commento forse più neutrale, centrato tuttavia sui rischi dell'austerità imposta a economie anemiche che si sono salvate (forse) a malapena da un abisso, potete ascoltare l'opinione di Martin Wolf in questo podcast.

Ecco l'aggiornamento al 18 giugno 2010.

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