Graham and Doddsville è una pubblicazione trimestrale a cura degli studenti della Columbia Business School dedicata la mondo degli investimenti e all'approccio value alla costruzione di un portafoglio. Nell'ultimo numero, che vi riproduco qui sotto grazie a www.scribd.com, potete leggere una lunga intervista a Donald G. Smith, il responsabile degli investimenti di una soc ietà di gestione con un portafoglio di oltre 3 miliardi di dollari. Nei trenta anni in cui si è occupato di gestione azionaria Donald Smith è riuscito a produrre un rendimento annuo composto del 15.3%. Anche negli ultimi dieci anni, a dispetto di un rendimento annuo composto negativo per l'indice Standard and Poor's 500, il portafoglio gestito da Smith ha reso il 12.1% all'anno. Come molti investitori value Smith preferisce analizzare i titoli azionari guardando al book value (valore di libro o patrimonio netto) di una società. Il book value rappresenta il valore di una società come viene riportato nei libri contabili e si ottiene sottraendo agli asset totali le passività, gli asset intangibili e il valore delle azioni privilegiate. Dividendo il risultato per il numero di azioni in circolazione si ottiene un valore che può essere confrontato con il prezzo di mercato dell'azione:
(Tangible) Book Value per Share =
(Total assets – Intangible assets – Liabilities – Preferred Stock value) ÷
Common Shares outstanding
Almeno in teoria il book value è indicativo di quello che può essere considerato il valore di una società. Per ottenere una stima di valore ancora più prudente si possono escludere tutti gli asset intangibili (proprietà intellettuale, valore attribuito a un brand sia come risultato delle operazioni della società sia per effetto di acquisizioni, più in generale quanto viene indicato nei bilanci come goodwill, ecc.), come abbiamo fatto nella formula sopra, nel qual caso spesso si usa la terminologia tangible book value per indicare il valore di libro calcolato escludendo tutti gli asset "immateriali".
Se si analizzano i rendimenti azionari nel periodo 1951-2009 costruendo 10 portafogli composti da titoli con il rapporto prezzo/(valore di libro tangibile) ordinato in modo crescente e, per le azioni in uno stesso portafoglio, appartenenti allo stesso decile, si scopre come il portafoglio corrispondente al decile più basso abbia prodotto un rendimento annuale composto superiore a quello dell'indice S&P500 di quasi il 5% (si veda la figura qui sotto): una bella illustrazione del value effect, la storica sovraperformance dei titoli value su quelli growth.
Graham and Doddsville Newsletter Fall 2010
mercoledì 17 novembre 2010
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