domenica 21 febbraio 2010

...U V W...e poi ? La Grecia e l'eurozona

U? chi ha detto che la ripresa è a U? La W non la escluderei ma se si guardano i profitti dello S&P500 quello che si vede è una V e che V! Guardate qui:



La crisi del debito greco continua a turbare i mercati e a indebolire l'euro (e poi giovedì sera ci si è messa anche la Fed con il minirialzo del tasso di sconto) e così il britannico Economist ironizza sull'unione monetaria...

Let the Greeks ruin themselves

Germany has Europe’s deepest pockets, but it does not want to pay to save troubled euro-zone economies

Feb 18th 2010 | BERLIN | From The Economist print edition
Illustration by Peter Schrank



...ma l'ironia non è del tutto gratuita...ecco i fatti...



Il dibattito sull'origine e su come uscire dalla crisi si affolla di voci...ecco l'opinione di Krugman:


For the truth is that lack of fiscal discipline isn’t the whole, or even the main, source of Europe’s troubles — not even in Greece, whose government was indeed irresponsible (and hid its irresponsibility with creative accounting).
No, the real story behind the euromess lies not in the profligacy of politicians but in the arrogance of elites — specifically, the policy elites who pushed Europe into adopting a single currency well before the continent was ready for such an experiment.


Krugman esclude l'ipotesi di un'uscita dall'eurozona della Grecia, che invece viene da più parti suggerita come la soluzione più semplice...


Now what? A breakup of the euro is very nearly unthinkable, as a sheer matter of practicality. As Berkeley’s Barry Eichengreen puts it, an attempt to reintroduce a national currency would trigger “the mother of all financial crises.” So the only way out is forward: to make the euro work, Europe needs to move much further toward political union, so that European nations start to function more like American states.
But that’s not going to happen anytime soon. What we’ll probably see over the next few years is a painful process of muddling through: bailouts accompanied by demands for savage austerity, all against a background of very high unemployment, perpetuated by the grinding deflation I already mentioned.
It’s an ugly picture. But it’s important to understand the nature of Europe’s fatal flaw. Yes, some governments were irresponsible; but the fundamental problem was hubris, the arrogant belief that Europe could make a single currency work despite strong reasons to believe that it wasn’t ready. 


Ecco invece l'opinione di Nouriel Roubini:



Secondo molti la via d'uscita è la creazione di un Fondo Monetario Europeo, al quale possano rivolgersi i paesi dell'area Euro in difficoltà, visto che il ricorso al FMI sembra precluso da ragioni quantomeno di opportunità politica: ecco l'opinione di Giancarlo Corsetti su La Voce: 


Se non si vuole che i paesi dell’area dell’euro si rivolgano al Fondo, uno schema analogo di sostegno finanziario e condizionalità va formalizzato all’interno delle istituzioni europee. Sarebbe singolare richiedere a un paese sovrano di entrare nell’area dell’euro accettando un handicap rispetto ai paesi fuori: da una parte deve contribuire al Fmi, dall’altra non può accedere all’assistenza del Fondo.
Si badi bene: niente di nuovo sotto il sole. Anche se pochi lo ricordano, gli accordi per il Sistema monetario europeo alla fine degli anni Settanta già prevedevano un Fondo monetario europeo (mai realizzato). Con la crisi della Grecia, è evidente che i problemi a cui il Patto deve dare una risposta non possono essere risolti con l’ideologia della prevenzione, ma con istituzioni dotate della credibilità e dell’autorevolezza che discendono dal perseguire strategie efficaci e realistiche.
Anche se la Spagna e il Portogallo sono in condizioni relativamente migliori della Grecia, il contagio può avvenire se i mercati si rendono conto che non esiste accordo politico ancorché istituzionale che dia garanzie di liquidità.
Se un paese europeo non può rivolgersi al Fmi, che cosa può sperare di ottenere dall’Europa? A quale istituzione si può rivolgere? Con quali regole e tempi? Il tema è delicato. Soprattutto perché è nell’interesse dei paesi in crisi cavalcare il timore del contagio e della debolezza europea per ottenere di più --- ben oltre il sostegno finanziario, di fatto a scapito del principio del “no bail out” a fondamento dell’euro. Ed è anche urgente, perché non è affatto detto che si possa contare su una ripresa veloce e vigorosa per ridurre i disavanzi.



Un lettore mi segnala che è possibile ascoltare l'intervento di Robert Skidelsky
di qualche giorno fa sulla lezione di Keynes: lo ringrazio e vi propongo il link qui

1 commento:

gg ha detto...

Nelle parole di Roubini si intravede in filigrana la stessa idea, da lui sostenuta ultimamente. Dalla bolla immobiliare si è passati alla bolla dei debiti pubblici. Non condivido. Sono d'accordo, ancora una volta con Paul Krugman. Siamo in bolla immobiliare con quello che ne consegue.
Per quanto concerne l'intervento dell'FMI, speriamo non ce ne sia bisogno. Ho letto Michael Spence sulla stampa italiana cui consigliava l'intervento dell'FMI. Dissento completamente dal suo pensiero.
Paul Krugman già da lungo tempo sosteneva che l'Europa non era un'area monetaria ottimale. E' bastata una crisi per svelarlo!
nell'editoria che è citato anche nel suo ultimo post, Krugman ha ragione: l'euro è stato un atto di arroganza delle elites politiche...